Nei primi giorni di Febbraio è stata data notizia che la Procura di Lanusei avrebbe accolto la richiesta della Filar di dissequestro dei laboratori del Parco Genos di Perdasdefogu che potranno pertanto essere utilizzati per avviare nuovi progetti di ricerca in collaborazione con l’Università di Sassari. La Filar è la società che ora detiene l’intero pacchetto del Parco Genetico dell’Ogliastra, prima partecipato da una decina di Comuni dell’Ogliastra e ora interamente privato. Mentre nelle scorse settimane si presentavano al pubblico gli accordi che saranno stipulati tra il Parco Genos e l’Università di Sassari, la vicenda giudiziaria che coinvolge la biobanca creata nei primi anni 2000 nell’ambito del progetto scientifico di Shardna spa e l’Istituto di Genetica delle Popolazioni del CNR di Sassari è ben lontana dal concludersi.
Oltre al procedimento penale avviato dalla Procura di Lanusei, che ha portato nell’ottobre del 2017 alla notifica di 17 avvisi di garanzia (per ipotesi di reato che vanno dal furto aggravato, al peculato, abuso d’ufficio, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale e violazione dei dati relativi alla privacy), la vicenda ha interessato diversi organi istituzionali, il Garante Italiano per la Protezione dei Dati Personali e il Tribunale di Cagliari.
Sia il procedimento penale che i provvedimenti del Garante affrontano ( e affronteranno) profili giuridici ed etici di estrema rilevanza per il settore della ricerca genetica da tempo ampiamente dibattuti a livello europeo. Anzi possiamo dire che la vicenda della Biobanca creata da SharDna spa e poi trasferita alla società inglese Tiziana Life Science PLC rappresenta uno dei primi casi in Italia in cui le istituzioni e organi giurisdizionali si misurano con la mancanza regole precise di gestione delle biobanche genetiche.
Ripercorrere tutte le tappe della vicenda della Biobanca di SharDna servirà pertanto a illustrare in concreto la rilevanza di tali questioni, molte delle quali sono già state affrontate in questo blog. Tra le più rilevanti si evidenziano:
(a) i principi etici da rispettare nella raccolta del consenso da parte dei donatori di campioni biologici;
(b) i principi di trasparenza e regole di evidenza pubblica da seguire nel trasferimento di biobanche, create con finanziamenti pubblici alla ricerca, a società aventi scopo di lucro;
(c) la scelta di legittimare o meno una interpretazione ampia del consenso (cd. broad consent) e ritenere legittimi successivi riutilizzi dei dati per scopi di ricerca non strettamente collegati con lo scopo iniziale di ricerca scientifica;
(d) i principi cui attenersi per bilanciare l’interesse del singolo soggetto donatore ad opporsi al trattamento con l’interesse pubblico e generale alla ricerca e alla integrità della biobanca;
(e) rispondere alla domanda dei donatori sul se possa riconoscersi l’esistenza di un diritto alla propria identità genetica distinto dai diritti già riconosciuti dalla attuale normativa sul trattamento dei dati.
Ecco di seguito le tappe fondamentali della vicenda:
1.Il progetto di SharDNA spa: il problema delle ricerche genealogiche e dei principi etici da rispettare nella raccolta del consenso per il prelievo di campioni biologici.
La SharDna spa, società consortile con sede nel Centro Polaris di Pula in Sardegna, fu fondata nel 2000 dall’imprenditore (e futuro presidente della Regione) Renato Soru e da Mario Pirastu, direttore dell’Istituto di Genetica delle Popolazioni del CNR. Tra i suoi consorziati si elencavano la Fondazione Centro San Raffaele e il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Scopo statutario della società era quello di svolgere “attività di ricerca… applicata all’identificazione di cause genetiche e non genetiche di fenotipi semplici e complessi”. In pratica la SharDna veniva creata al fine di potenziare una attività di ricerca genetica già avviata a partire dal 1995 dall’Istituto per la Genetica delle Popolazioni del CNR di Sassari, intesa a studiare il DNA dei cittadini di una zona particolare della Sardegna, ovvero di una zona dell’Ogliastra che presenta caratteristiche ideali dal punto di vista demografico e geo-morfologico per lo svolgimento di uno studio genetico capillare.
A seguito dunque dell’ingresso della SharDna, il progetto di ricerca genetica fu ben pianificato. Si selezionarono 10 paesi dell’Ogliastra in cui furono organizzati degli incontri intesi a illustrare ai cittadini il progetto di ricerca al fine di ottenere l’adesione del più ampio numero possibile di donatori. Al fine di agevolare il prelievo dei campioni e lo svolgimento di attività collaterali (come lo svolgimento di visite mediche in favore dei donatori), fu altresì creato il Parco Genos a Perdasdefogu nel quale venivano coinvolti i Comuni interessati alle attività di prelievo. In sostanza il Parco doveva, con i suoi laboratori e ambulatori, svolgere per conto della SharDna tutta una serie di servizi: come la raccolta di dati demografici, genealogici e i prelievi ematici da cui poter estrarre il DNA. Inoltre nei laboratori del Parco si svolgevano visite mediche generali e specialistiche gratuite in favore dei cittadini che accettavano di partecipare al progetto di ricerca come donatori.
Quest’ultimo aspetto è molto rilevante, in quanto lo svolgimento di tali visite permetteva alla SharDNA e l’Istituto Sassarese di acquisire tutta una serie di dati clinici aggiuntivi rispetto ai campioni biologici fondamentali per il progetto di ricerca. Tuttavia dalle vicende giudiziarie che si sono sviluppate a partire dal 2016 non è dato ancora capire se i donatori furono correttamente informati del fatto che questi dati risultanti dalle visite mediche gratuite sarebbero stati anch’essi utilizzati per il medesimo scopo di ricerca e altri studi collegati. Non solo. I principi etici, ricavabili anche dalle linee-guida di indirizzo per la gestione delle biobanche (contenute in numerosi documenti europei), richiedono che i donatori siano messi in condizione di prestare non solo un consenso informato ma altresì pienamente libero. Pertanto un altro aspetto rilevante della vicenda, che sarà forse oggetto di accertamento nel procedimento penale, potrebbe riguardare anche la sussistenza o meno di una volontà libera da condizionamenti, in considerazione della promessa di tutta una serie di visite gratuite nei confronti dei donatori e delle attività prodromiche di promozione che furono svolte in loco.
Ad ogni modo, un elemento che è sicuramente destinato all’accertamento in sede di processo penale avviato dalla procura di Lanusei è quello relativo allo studio preliminare svolto da SharDna e il Cnr con la collaborazione dei Comuni coinvolti. Infatti come si chiarisce anche nel progetto di ricerca, tuttora pubblicato nel sito di Sardegna Ricerche, l’attività di prelievo dei campioni fu preceduta da una ricostruzione genealogica funzionale alla scelta dei campioni da sottoporre all’analisi. In particolare il documento precisa che lo studio genealogico consistette non solo nella raccolta dei dati anagrafici più recenti, ma anche di quelli più antici (i cd. Quinque Libri). È evidente che la possibilità di avere una ricostruzione genealogica abbinata allo studio genetico, avrebbe potuto rendere la banca dati raccolta assai più preziosa rispetto al solo prelievo di campioni e il successivo studio genetico. Il problema però risiede nel fatto che, come vedremo successivamente il Pubblico Ministero Mazzeo ha ritenuto di indagare sulla possibilità che alcuni dei Sindaci interessati abbiano concesso arbitrariamente l’accesso dei ricercatori all’ufficio anagrafe dei propri Comuni.
2. Il fallimento di SharDNA e l’acquisizione da parte di Tiziana Life Science PLC.
L’attività dei primi anni 2000 di promozione del progetto di ricerca in loco e la creazione del Parco Genos diedero i risultati sperati, in quanto si registrò un’elevatissima percentuale di adesione da parte dei cittadini dei Comuni interessati, pari circa al 70%. Lo screening genetico coinvolse circa 11,700 persone e permise di raccogliere un capitale di grande valore rappresentato da oltre 230 mila campioni biologici, oltre i menzionati dati di accompagnamento, rappresentati da dati demografici, clinici e genealogici riguardanti rapporti di parentela risalenti sino al 1600.
Purtroppo, nonostante gli ambiziosi obiettivi di ricerca e il lavoro svolto, dopo una serie di vicende (riportate nel seguente articolo http://bit.ly/2CePmkG), la SharDna spa fu sottoposta a procedura fallimentare presso il Tribunale di Cagliari e il 28 giugno 2016 il compendio fallimentare della società fallita fu aggiudicato alla società con sede a Londra Tiziana Life Science PLC, società inglese biotech che sviluppa farmaci e terapie per il trattamento, in particolare, di malattie oncologiche. La cessione, che si formalizzava con atto notarile in data 5 luglio 2016, prevedeva che a fronte del pagamento di 258 mila euro la società inglese subentrasse nella titolarità della bio-banca (contenente i campioni ematici), tutti i dati sanitari, clinici, demografici e genealogici e altresì i diritti di utilizzo dei campioni biologici e le dichiarazioni di consenso al trattamento firmate dai donatori. Pertanto la Tiziana L.S. subentrava nella qualità di nuovo titolare del trattamento dei dati, ma permaneva un diritto di accesso in capo all’Istituto del CNR di Sassari con riferimento al progetto di ricerca da svolgere attraverso il Parco Genos.
Al comunicato del 18 Luglio 2016 in cui Tiziana Life Science annunciava di aver acquisito un asset chiave da SharDNA, sarebbero seguiti mesi di polemiche e azioni (anche politiche) volte a sensibilizzare i cittadini donatori che avevano partecipato al progetto di ricerca iniziale. In particolare, alcuni rappresentanti politici ponevano in rilievo che la banca-dati, per la cui creazione si erano utilizzati fondi pubblici, fosse stata trasferita ad una società con scopo di lucro non italiana e per un prezzo irrisorio rispetto al reale valore della bio-banca e dati correlati. Non solo, si rivendicava altresì il diritto dei donatori “ad essere gli unici titolari del diritto all’utilizzo del proprio sangue”. Nei mesi seguenti si veniva quindi a creare l’Associazione per la tutela della identità ogliastrina. Quindi, il Consiglio della Regione Sardegna il 27 Luglio del 2016 si esprimeva con due ordini del giorno per impegnare il Presidente e la Giunta a porre in essere ogni utile iniziativa intesa “a conseguire la proprietà dei dati genetici e del materiale genetico”. Il 25 Agosto del 2016 veniva presentata altresì una interrogazione al Parlamento Europeo in merito alla possibile violazione delle previsioni della Direttiva 96/46/CE e del Regolamento Europeo sul Trattamento dei Dati Personali (UE) 679/2016. Vera Jourova, a nome della Commissione Europea, confermava la necessità di verificare la corretta applicazione dell’Articolo 8 della Direttiva e quindi la regola del principio di “purpose limitation “ per cui il trattamento del nuovo titolare può essere valido solo nei limiti in cui si svolga per i medesimi scopi di ricerca per cui i donatori diedero il proprio consenso.
Visto il mancato intervento della Regione, una più recente mozione del Maggio 2017, da parte di alcuni consiglieri regionali, tra cui Angelo Carta, chiedeva visto il mancato intervento della Regione, alla Giunta di riferire in Consiglio Regionale in merito alla vicenda del trasferimento della Bio-Banca.
3.Le indagini della Procura di Lanusei.
Contemporaneamente, nell’Agosto del 2016 l’ormai unico dipendente del Parco Genos si accorgeva della sparizione di circa 14 mila provette appartenenti alla Bio-Banca conservata nella struttura, e presentava denuncia cui seguiva l’apertura di un fascicolo da parte del PM Biagio Mazzeo. Il 31 Ottobre del 2017 il PM chiedeva la proroga delle indagini cui seguiva la notifica di 17 avvisi di garanzia da parte della Procura di Lanusei nei confronti degli ex presidenti succedutisi nella SharDNA e nel Parco Genos, nonché nei confronti di alcuni Sindaci dei Comuni per aver concesso arbitrariamente l’accesso dei ricercatori agli uffici anagrafe dei Comuni interessati senza il consenso dei donatori e altresì per ottenere dati di soggetti diversi dai donatori. Numerose testate giornalistiche riportavano la vicenda dell’apertura delle indagini per ipotesi di reato dal furto aggravato alla falsità materiale commessa da pubblico ufficiale. A seguito dell’avvio del procedimento penale, la Bio-Banca veniva sottoposta a sequestro.
4. Il primo provvedimento del Garante e la sentenza del Tribunale di Cagliari.
Il Garante Italiano per il Trattamento dei Dati Personali si interessò della vicenda della Bio-Banca di SharDna ben prima del 2016 e riferimenti alla vicenda infatti sono presenti nelle due Relazioni Annuali del 2014 e 2015. Tuttavia il primo provvedimento del Garante in merito è il n. 389 del 6 Ottobre 2016 attraverso cui viene imposta ai nuovi titolari del trattamento dei dati, in via d’urgenza e con effetto immediato, la misura urgente del blocco del trattamento di dati personali ai sensi dell’articolo 154 comma 1 lettera d), 143 comma 1 lettera C e 144 del Codice Privacy.
Questo provvedimento è molto interessante perchè il Garante ripercorre tutta la vicenda della Bio-Banca e conclude che la società cessionaria, Tiziana Life Science, “intende effettuare il trattamento dei dati e dei campioni contenuti nella biobanca in termini sostanzialmente compatibili con gli scopi per i quali sono stati raccolti”. Inoltre, rileva il Garante, la cessionaria risulta svolgere, tramite una organizzazione stabile nel territorio italiano, una attività effettiva e reale nel contesto della quale si svolge tale trattamento e dispone pertanto di uno stabilimento nel territorio dello Stato. Quanto a quest ultimo profilo si deve precisare infatti che Tiziana Life Science pianificava di conferire il compendio fallimentare acquisito ad una sua succursale, il cui socio unico è Tiziana Life Science, chiamata Longevia Genomics Srl che si sarebbe dovuta stabilire nel Parco Polaris di Pula. Pertanto, per il Garante, risultava dimostrato sufficientemente che l’attività di trattamento si sarebbe effettivamente svolta per gli annunciati obiettivi di ricerca scientifica e in loco.
Sebbene dunque sotto questi due profili il Garante non riscontrasse elementi di criticità, si richiamava alla propria autorizzazione generale al trattamento di dati genetici per scopi di ricerca scientifica ( n. 8/2014) e in particolare al punto 3 lettera c, e riscontrava una criticità laddove era comunque mutata la qualità del titolare del trattamento. Sulla base di ciò, il Garante concludeva che il subentro nella qualità di titolare del trattamento, richiedeva che si verificasse la sussistenza di un valido presupposto legittimante rispetto al nuovo soggetto giuridico. In particolare, secondo il Garante, “tale presupposto è rinvenibile allo stato in una nuova manifestazione del consenso da parte degli interessati previa idonea informativa”.
Avverso il provvedimento del blocco disposto dal Garante, Tiziana Life Science ha presentato ricorso dinnanzi al Tribunale di Cagliari il quale, con sentenza n.1569 del 18 Maggio 2017, dichiarava illegittimo il provvedimento del blocco e ne disponeva l’annullamento. Secondo il Tribunale di Cagliari infatti nell’autorizzazione generale citata dal Garante non vi è alcun riferimento alla necessità che, in caso di mutamento della persona giuridica del titolare della banca dati, sia necessario una nuova manifestazione di consenso. Piuttosto, nota il Giudice, dall’Autorizzazione risulta che solo nell’eventualità in cui le finalità di ricerca non siano direttamente collegate con le finalità originali, possa risultare necessaria una nuova manifestazione di consenso. Il Tribunale aggiunge che il provvedimento di blocco non può pertanto giustificarsi sulla base del trasferimento /cessione della Banca Dati, dato che tale materia non risulta tuttora disciplinata nell’ordinamento italiano.
Il Regolamento Europeo n.679 non aiuta a risolvere tale questione giuridica, laddove sembra non distinguere tra società con scopo di lucro e enti pubblici di ricerca quando prevede il regime agevolato per la ricerca scientifica. Tuttavia vi è un aspetto che non è stato oggetto di esame da parte del Garante e del Tribunale di Cagliari, che attiene alla completezza della informativa che fu presentata a suo tempo ai donatori. Vi è un ampio dibattito infatti a livello europeo in merito alla opportunità di utilizzare il cd. “broad consent” per cui i titolari di trattamenti di dati relativi a bio-banche possano riutilizzare i dati per scopi scientifici non strettamente attinenti a quelli dichiarati nella prima informativa. Si potrebbe dunque indagare sul se, nonostante il progetto di Longevia persegua gli stessi scopi di ricerca, il fatto che il titolare sia una società che persegue scopo di lucro possa modificare la natura di tali scopi di ricerca e quindi rendere necessaria una nuova informativa e una nuova manifestazione di consenso. Tali aspetti sono stati esaminati in un mio precedente articolo con riferimento alla questione dell’IBM Health Center di Milano ( http://bit.ly/2EMWan4). Come indicato in quell’articolo, il Garante è chiamato dalla Legge Europea del Novembre 2017 a valutare il più ampio problema del riutilizzo dei dati sanitari da parte di enti di ricerca anche di natura privata. Pertanto ci si aspetta presto un chiarimento in relazione a tali profili.
5. Il più recente provvedimento del Garante.
Con il provvedimento n. 561 del 21 Dicembre del 2017, il Garante Antonello Soro si è di nuovo pronunciato in merito alla cessione della Bio-Banca di SharDNa e ha parzialmente accolto il ricorso presentato da alcuni donatori interessati a far valere il proprio diritto di revoca del consenso all’epoca prestato in favore di SharDNA e l’istituto Sassarese del CNR. In particolare il Garante nel provvedimento evidenzia come Tiziana Life Science avesse comunicato di non poter dare seguito alle istanze di revoca avanzate dai ricorrenti a causa del sequestro disposto dalla Autorità Giudiziaria in relazione al procedimento penale in corso. Per cui il Garante ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti del Consiglio Nazionale delle Ricerche (che risulta tuttora titolare di un diritto di accesso alla bio-banca e ai dati informatizzati e cartacei correlati), e ha invece disposto che Tiziana Life Science adotti sin da ora ogni misura idonea a tutelare i diritti degli interessati riguardo ai dati oggetto di sequestro (ovvero trasmettere i dati in suo possesso e non sottoposti a sequestro e provvedere alla annotazione della opposizione manifestata) e quindi, una volta revocato il sequestro, provvedere alla trasmissione dei dati restanti. Rispetto al CNR, avendo il Garante accertato che il CNR ha già provveduto ad un riscontro sufficiente nel corso del procedimento, ha dichiarato non luogo a procedere.
Un aspetto interessante del provvedimento è il fatto che i ricorrenti chiedevano altresì la restituzione dei campioni ematici. Tuttavia, il Garante, richiamandosi al Provvedimento del 2007 (doc. web n. 1433975) ha evidenziato che il diritto alla restituzione dei campioni biologici non rientra nei diritti dei soggetti interessati ex articolo 7 del Codice Privacy. In quanto il diritto dei soggetti interessati possono riguardare solo i propri dati personali e non la fonte da cui tali dati possono essere ricavati. Il Garante ritiene che tale interpretazione sia supportata anche dal Considerando numero 34 del Nuovo Regolamento Europeo n. 679. Tuttavia dalla lettura del considerando non emerge alcuna previsione rispetto a provvedimenti da adottare per i campioni biologici. Anzi, numerose linee di indirizzo per la gestione delle Bio-banche rinvenibili in documenti europei, suggeriscono la distruzione dei campioni biologici una volta che il soggetto interessato ha manifestato una istanza di revoca del proprio consenso. Anche tale aspetto pertanto merita una futura riflessione. Inoltre un aspetto molto dibattuto in merito al diritto di revoca dei soggetti interessati a livello europeo è sul se possa farsi prevalere l’interesse generale alla ricerca rispetto al diritto del singolo, soprattutto in quei casi in cui la eliminazione di certi campioni biologici possa compromettere l’integrità e il valore della biobanca e l’obiettivo di ricerca scientifica.
Ad ogni modo Tiziana Life Science, pur non essendo obbligata dal provvedimento del Garante, ha spontaneamente deciso di provvedere alla restituzione dei campioni relativi ai soggetti ricorrenti una volta che sarà revocato il sequestro della Bio-banca.
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Autore: Maria Luisa Manis
Data di Pubblicazione: 23/02/2018 ore 15:01
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