I brevetti di Theranos sono stati una componente chiave della mitologia creatasi attorno alla startup. Il sito di Theranos parlava di una “società costruita attorno ai brevetti” e alla sua visione sulla sanità.
È indubbio che i brevetti abbiano contribuito enormemente alla credibilità del progetto di Elizabeth Holmes. Theranos poteva vantare un portafoglio brevettuale di almeno 490 tra brevetti concessi e domande di brevetto depositate prevalentemente negli Stati Uniti, ma anche in Europa, Australia, Corea e Cina. Il numero maggiore di depositi risale agli anni tra la fine del 2013 e 2015. In questo periodo infatti la società raggiungeva una valutazione per oltre i 9 miliardi di dollari e pertanto la crescita di reputazione aziendale aumentava le probabilità di accoglimento di nuove domande di brevetto. La Holmes appare come co-inventore nella maggior parte di tali brevetti, Ian Gibbons e il socio Sunny Balwany seguono al secondo e terzo posto.
Si può ragionevolmente ipotizzare che gli investitori abbiano interpretato l’esistenza di questo ricco portafoglio brevettuale come la garanzia che Theranos avesse davvero sviluppato molteplici invenzioni efficaci e rilevanti e si fosse garantita una importante posizione di esclusiva brevettuale nel settore della vendita di esami del sangue. Non è però del tutto chiaro se gli investitori abbiano mai esaminato questi documenti brevettuali con l’ausilio di competenze specialistiche e se tale esame avrebbe forse suggerito una diversa decisione in merito al finanziamento.
Nella primavera del 2019 Daniel Nazer ha pubblicato un articolo su Arstechnica.com in cui esprimeva estremo disappunto verso il sistema brevettuale statunitense per aver concesso alla Holmes centinaia di brevetti per una invenzione che non ha mai funzionato (https://arstechnica.com/tech-policy/2019/03/theranos-how-a-broken-patent-system-sustained-its-decade-long-deception).
Nel racconto dei media, nella fase precedente allo scandalo, la Holmes avrebbe – nel settembre del 2003- dedicato “ben” 5 giorni di fila al computer senza dormire davanti al proprio computer “in uno scantinato” per redigere la sua prima domanda provvisionale di brevetto. Questa domanda avrebbe disegnato il fulcro della visione della Holmes sul futuro della sanità globale e sarebbe poi maturata in una serie numerosa di brevetti concessi nei giorni a venire. Per quanto il racconto possa risultare abbastanza ridicolo oggi che sappiamo che la tecnologia di Theranos non ha mai funzionato, è effettivamente inquietante che un brevetto sia stato concesso per quella domanda che giustamente Nazer definisce “little more than aspirational science fiction written by an eager undergraduate”. La domanda descrive infatti in maniera estremamente generica “dispositivi e metodi medicali in grado di rilevare in tempo reale l’attività biologica e il rilascio controllato e localizzato di agenti terapeutici appropriati”. Secondo Nazer solo un sistema brevettuale fortemente distorto può avere avallato la strategia brevettuale della Holmes permettendole di perseverare in false e irrealistiche rivendicazioni di una rivoluzionaria tecnologia che poi si è scoperto non potesse in alcun modo funzionare.
A completare il quadro poi la scelta di Michelle Lee, direttrice dell’Ufficio Brevetti Statunitense, di menzionare specificamente la Holmes nel suo discorso del 25 maggio 2015.
Quando Theranos appariva come la startup più promettente dell’intero panorama imprenditoriale Statunitense, la direttrice del USPTO affermava “Elizabeth Holmes, come Benjamin Franklin e Edith Clarke, ha sfidato un assunto di base. Perché, si chiedeva, medici e ricercatori hanno bisogno di prendere così tanto sangue da una persona quando si eseguono i test? Ha dimostrato che non ne hanno in realtà bisogno. La sua innovazione – che ha brevettato – richiede al paziente di dare solo una semplice goccia di sangue, e quel piccolo campione viene poi utilizzato per numerosi esperimenti. Non sorprende che l’azienda da lei fondata su questa tecnologia sia fiorente”.
La vicenda di Theranos ha sollevato quindi una nuova ondata di criticismo verso il sistema di tutela brevettuale. Soprattutto dopo che si è appreso che nel 2019, tra marzo e aprile, la ormai defunta Theranos ha ottenuto l’approvazione di altri 5 brevetti relativi a (1) sistemi, dispositivi e metodi per raccolta, trasporto e manipolazione dei campioni di fluidi corporei; (2) sistemi, dispositivi e metodi per trasporto di campioni di fluidi corporei; (3) sistemi e metodi per la preparazione di campioni mediante sonificazione; (4)sistemi e metodi per preparazione di campioni mediante sonificazione (n. 10,233,480), (5) rapida misurazione di tasso di sedimentazione dei componenti del sangue formato da piccoli volumi di campione di sangue.
Moltissimi commentatori si sono domandati perché possano essersi concessi così tanti brevetti per una invenzione che non funziona. Si è in sostanza posto in evidenza la mancata applicazione del requisito di brevettabilità della “utilità dell’invenzione”.
In tutti i sistemi brevettuali infatti una invenzione per godere di tutela brevettuale, oltre a dover rientrare in certi ambiti tecnologici a pena di esclusione ( il criterio della “eligibility“), deve essere nuova, inventiva (non ovvia) e deve essere utile.
In realtà il requisito della utilità delle invenzioni ha gradualmente perso di rilevanza. Nel sistema statunitense come in quello Europeo, è infatti quasi del tutto pacifico che non spetti agli esaminatori degli uffici brevettuali né ai giudici in sede di contenzioso fare una valutazione sulla sussistenza del requisito dell’utilità sul piano qualitativo in quanto si introdurrebbero pericolosi elementi di discrezionalità. Non è cioè possibile condizionare la meritevolezza di tutela brevettuale sulla base del livello di impatto sociale, economico o ambientale dell’invenzione descritta nella domanda. La tutela deve invece misurarsi solo con giudizi che si focalizzano sulla evoluzione tecnologica, a prescindere dall’impatto che tale evoluzione possa avere a livello sociale. D’altro canto è pacifico che non sono meritevoli di tutela le invenzioni palesemente non funzionanti (cd. inoperable inventions), mentre al di fuori dei casi di macroscopica inutilità e di invenzioni di fantascienza il requisito dell’utilità è di difficile applicazione.
D’altronde che in un sistema brevettuale funzionante (e soprattutto non utilizzato in maniera distorta dalle imprese e inventori) il criterio dell’utilità abbia un peso irrilevante può giustificarsi anche sulla base di un altro ordine di considerazioni. Infatti perché mai un inventore dovrebbe avere interesse a garantirsi una esclusiva di 20 anni e pagare per la redazione, deposito e il mantenimento di un brevetto per una invenzione che non funziona?La risposta a tale domanda cambia se consideriamo che i brevetti sono sempre più frequentemente utilizzati per scopi diversi da quelli per cui la tutela brevettuale è prevista negli ordinamenti giuridici, ovvero come strumenti di marketing e per accrescere la reputazione aziendale nonché attrarre investimenti. In questo scenario di utilizzo strumentale e distorto del sistema brevettuale è quindi altamente probabile che una startup depositi dei brevetti per invenzioni concepite in maniera molto generica e astratta e prima della realizzazione di un prototipo funzionante.
Ad ogni modo, se è vero che il requisito dell’utilità ha un ruolo marginale nelle decisioni degli esaminatori, si deve anche considerare che esso ha invece grande rilevanza nel settore della chimica e biotecnologia. Anche in queste casistiche le valutazioni sul criterio dell’utilità convergono con quelle sull’accertamento di un altro requisito per la brevettabilità, ovvero quello della “sufficiente descrizione ” o “enablement”. L’invenzione infatti deve essere descritta in maniera tanto sufficiente da poter permettere a qualsiasi esperto del settore di usare e costruire la stessa invenzione. Nell’ambito delle invenzioni del settore chimico, farmaceutico e biotecnologico però ai fini della sussistenza del requisito di sufficiente descrizione considerazioni relative all’effettivo funzionamento dell’invenzione divengono rilevanti. E questo è confermato da una recentissima decisione della CAFC (Corte d’Appello Federale, che decide in via esclusiva tutti i casi di appello in materia brevettuale) ovvero Nuvo Pharmaceuticals v. Dr Reddy Laboratories Inc.no 17-02473 Fed.Circ. 2019. In questo caso si è deciso se nella domanda brevettuale per un trattamento terapeutico il depositante della domanda di brevetto debba includere la dimostrazione che il trattamento farmacologico ha realmente l’effetto terapeutico rivendicato. Il caso verte su brevetti relativi ad una combinazione di (1) un farmaco antidolorifico (NSAID) con un rivestimento enterico (rilasciato in ambiente acido) e (2) un PPI (proton pump inhibitors) non rivestito.
La CAFC ha avvallato la posizione del convenuto che contestava la validità di alcune rivendicazioni dei brevetti originali depositati in quanto carenti del requisito della sufficiente descrizione. Tale requisito sarebbe carente perché sebbene non sia richiesto al depositante di includere prova che il trattamento farmacologico ha realmente l’effetto terapeutico rivendicato, in questo caso specifico – secondo i giudici della CAFC- un esperto del settore non avrebbe potuto determinare dalla domanda brevettuale se effettivamente il composto svolge l’effetto terapeutico come rivendicato.
Tale decisione conferma che il livello di descrizione richiesta varia da brevetto a brevetto e secondo vari fattori, e che una invenzione che eccede di tanto lo stato dell’arte (particolarmente innovativa) richiede una descrizione più approfondita perché diventa più probabile in questi casi che l’arte nota renda l’esperto del settore più scettico sulla effettiva operatività dell’invenzione. Alla luce di questa decisione i brevetti di Theranos risulterebbero quindi invalidi per carenza di sufficiente descrizione perché dalla descrizione non è possibile per un esperto del settore determinare se l’invenzione funzioni allo scopo.
Se questa decisione dovesse diventare oggetto di case law consolidato anche le guidelines dell’Ufficio Brevettuale Statunitense potrebbero essere riviste alla luce di essa. In tal caso chi deposita brevetti in ambito chimico, biotecnologico e farmaceutico dovrà prestare molta più attenzione alla completezza della descrizione, eventualmente riportando nella domanda sperimentazioni svolte. In ogni caso il depositante dovrà descrivere l’invenzione a sufficienza da spiegare all’esaminatore che funziona. Si consideri infatti che allo stato attuale l’enorme carico di lavoro impedisce agli esaminatori dell’Ufficio di dedicare tempo a sufficienza all’esame di ogni domanda. Non vi è tempo per valutare se l’invenzione è descritta a sufficienza tanto da dimostrare che funziona allo scopo. Certamente gli esaminatori non hanno tempo per svolgere esperimenti e testare se l’invenzione funzioni.
Richiede invece autonomo approfondimento un secondo aspetto del portafoglio brevettuale di Theranos (che sarà svolto nell’articolo che segue) e che riguarda la scelta della società di parcellizzare la descrizione del robot in centinaia di domande brevettuali, ognuna per una componente del robot.
Nel settembre del 2018 un informatore ha fatto sapere che Theranos avrebbe concluso un accordo con Fortress Investment Group LLC, creditore dell’azienda. Fortress avrebbe ottenuto la proprietà dei brevetti di Theranos e lasciato alla startup i restanti contanti – circa 5 milioni di dollari – che dovevano essere distribuiti ai creditori non garantiti. Se i brevetti di Theranos sono realmente invalidi per carenza di sufficiente descrizione, per Fortress si potrebbe di nuovo verificare una vicenda simile a quella verificatasi con IPCOM GmbH &CO.KG, un cosiddetto patent troll tedesco che Fortress finanziò per poi ritrovarsi in giudizio a difenderne i brevetti (nei contenziosi avviati da IPCOM contro Nokia ad esempio), la maggior parte dei quali furono invalidati, e dovendo quindi sostenere ingenti costi delle spese legali.
Diritti d’autore e Termini di Utilizzo.Tutti i diritti sono riservati | Autore: Maria Luisa Manis |Data di Pubblicazione: 09/08/2019. L’utilizzazione del presente Articolo è consentita solo per le finalità e nei limiti previsti dall’Articolo 70 della L.663/1941 e a condizione che si rispetti la modalità di citazione in APA style per le citazioni di blog-post come fonti di ricerca scientifica. Nel caso di utilizzazione nell’ambito di un web-blog è possibile menzionare solo l’iniziale del nome, cognome dell’autore, anno, il titolo dell’articolo e link dell’articolo; nel caso di condivisione del link dell’articolo sui social media è possibile menzionare solo l’iniziale del nome e cognome dell’autore. Qualsiasi utilizzazione al di fuori dei limiti di cui all’Articolo 70 della L.663/1941 è vietato.Una volta pubblicato l’articolo non sarà oggetto di modifiche successive, salvo correzione di eventuali errori di battitura. Eventuali aggiornamenti sostanziali saranno espressamente menzionati nella stessa pagina dell’articolo. Si garantisce l’accessibilità permanente; in caso di rimozione del blog, l’articolo sarà reso disponibile in altra repository che ne garantisca il libero accesso. Il presente articolo non equivale ad una consulenza professionale sul tema trattato.